Lavoro, Roccella: «Sui congedi incentivare i padri: valutiamo modello tedesco»

6 Marzo 2024

«Non amo partire dagli obblighi. Bisogna trovare metodi per incoraggiare la parità e riconoscere il valore sociale della maternità, che invece ancora appare come un fatto privato. Serve uno sforzo di fantasia collettivo per accelerare la condivisione delle responsabilità genitoriali». Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità – tre deleghe che ritiene intrecciate in modo strategico – ha già in mente una possibile strada da seguire e la ha raccontata all’evento promosso dal Cnel a due giorni dall’8 marzo: “Il lavoro buono: pari opportunità, condivisione, contrattazione”.

Congedi, si studia la via tedesca

«In Germania – ha detto Roccella – hanno incrementato i congedi riconoscendo due mesi “bonus” aggiuntivi se sono utilizzati dall’altro genitore». Un modo per sostenere il rientro delle madri nel mercato del lavoro e aumentare la partecipazione dei padri alla cura dei bambini nel primo anno di vita, senza penalizzare il reddito familiare. È un’ipotesi a cui il Governo sta guardando con attenzione, anche se la fattibilità nel nostro sistema è tutta ancora da verificare. In ogni caso, la ministra è stata netta: «L’8 marzo, la festa della donna, non è una festa se le donne non sono messe in grado di lavorare, e di avere un lavoro buono».

Brunetta: «La parità di genere conviene a tutti»

Un’aspirazione niente affatto scontata, come ha ricordato il presidente del Cnel, Renato Brunetta. Perché «i lavori precari e part-time sono riservati alle donne, perché il 70% del lavoro domestico ricade su di loro, perché il 73% delle dimissioni nel primo anno di vita del figlio sono delle donne. Un ciclo di vita segnato dagli squilibri, che si riflettono alla fine sulle pensioni, perpetuando iniquità e inefficienza». Che fare, dunque? «La vera sfida – ha affermato anche Brunetta – è far diventare il problema della parità da individuale a collettivo, cambiando i paradigmi del welfare e degli incentivi pubblici. Evitare le troppe trappole. La parità di genere conviene a tutti, produce più equità ma anche più crescita. È un approccio win-win. Un modello vincente su cui dobbiamo puntare».

Semenzato: «Autonomia cruciale contro la violenza»

Concorda la presidente della commissione d’inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato: «Una cultura più inclusiva, dalle famiglie alle organizzazioni, significa progresso culturale e sociale, motore per una crescita economica etica. Per questo serve una visione condivisa, una strategia coordinata, una governance efficace. Con un patto di corresponsabilità che coinvolga anche la politica». E che tenga a mente la centralità dell’educazione al rispetto e dell’educazione economico-finanziaria, anche per la prevenzione della violenza e per correggere le distorsioni attuali, nemiche dell’indipendenza: «Il 62% delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza non lavora. E una donna su tre non ha un conto corrente».

Sabbadini: «Qualità del lavoro femminile è peggiorata»

Un affresco significativo degli ultimi 15 anni è stato tracciato da Linda Laura Sabbadini, pioniera delle statistiche di genere in Italia: «A fronte di un incremento quantitativo sofferto del lavoro femminile, la situazione qualitativa è peggiorata, in termini di conciliazione, precarietà, part-time involontario e lavoro irregolare. E, a fronte di un aumento delle lavoratrici over 50, sui più giovani l’impatto delle tre crisi non si è ancora riassorbito». E se al Sud il quadro è pessimo, al Nord non si può cantare vittoria: «La strategia di Lisbona prevedeva un obiettivo al 2010 del tasso di occupazione femminile del 60%. Lombardia e Veneto sono arrivate ora al 62-63%, lontanissime non solo dai Paesi nordici ma anche dal 75% della Germania e dal 70% della Francia».