approfondimento di Eufranio Massi per il n. 156 della rivista “Il Mondo del consulente”.
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CONVALIDA DELLE DIMISSIONI DURANTE IL PERIODO DI PROVA PER MADRE E PADRE DI BAMBINO FINO A TRE ANNI
Le norme che tutelano la madre ed il padre durante un periodo del tutto particolare della loro vita familiare valgono anche per le dimissioni nel periodo di prova, per cui è necessario effettuare la convalida avanti al funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro ai sensi dell’art. 55, comma 4 del decreto legislativo n. 151/2001.
A tali conclusioni giunge il Ministero del Lavoro, con la nota n. 14774 del 13 ottobre 2025 del Dipartimento per le politiche del lavoro, previdenziali, assicurative e per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, rispondendo ad un quesito posto dal Servizio Lavoro della Provincia Autonoma di Trento.
Nel corso degli anni, afferma il Dicastero del Lavoro, la tutela estesa fino ai tre anni di vita del bambino ha acquisito una propria dignità giuridica che ha un obiettivo specifico: quello di proteggere i genitori (soprattutto la madre) da comportamenti discriminatori, coercitivi o vessatori posti in essere dal datore di lavoro. Tale tutela è autonoma rispetto al divieto di licenziamento che opera nel primo anno di vita del bambino e che per la donna copre tutto il periodo che va dall’inizio della gravidanza fino a quella data e per il padre tiene conto della fruizione del congedo obbligatorio di paternità ampliato da D.L.vo n. 105/2022 ed inserito nel “corpus” del D.L.vo n. 151/2001.
La nota ministeriale non lo dice ma la disposizione che si interpreta vale anche per chi ha ottenuto in adozione o affidamento un bambino fino al terzo anno di entrata dello stesso nel nucleo familiare.
L’istituto della convalida delle dimissioni ha lo scopo di garantire la genuinità della volontà espressa dalla lavoratrice, ma anche dal lavoratore, in un momento particolarmente delicato della vita familiare.
Se questo è lo spirito dell’istituto, il Ministero del Lavoro ritiene che l’obbligo della convalida delle dimissioni trovi applicazione anche nel caso in cui le stesse siano presentate durante il periodo di prova che, ovviamente, precedente alla instaurazione del rapporto, deve risultare da atto scritto, con l’indicazione specifica del livello e delle mansioni a cui il dipendente o la lavoratrice saranno addetti.
Da un punto di vista giuridico l’obbligo della convalida trova il proprio fondamento in alcuni ragionamenti che possono, così, sintetizzarsi:
- L’art. 12, comma 1, delle “Disposizioni sulla legge in generale” afferma che le interpretazioni normative debbono seguire sia il criterio letterale che quello finalistico, ossia ciò che il Legislatore ha voluto dire;
- L’art. 55, comma 4, del D.L.vo n. 151/2001, non esclude dall’obbligo della convalida, le dimissioni presentate durante il periodo di prova.
Quanto affermato dal Ministero del Lavoro appare corretto, atteso che, soprattutto con riguardo alla donna, le dimissioni durante il periodo di prova potrebbero mascherare un comportamento in un certo qual modo coercitivo del datore di lavoro, finalizzato ad aggirare la disposizione sul licenziamento che, se supportato da motivi discriminatori, è, in ogni caso, nullo.
Tutto ciò pone, a mio avviso, alcune questioni da risolvere per i datori di lavoro e per i professionisti che li assistono, con problematiche diverse a seconda che ci si trovi di fronte ad un contratto a tempo determinato o a un contratto a tempo indeterminato.
Faccio l’esempio di un lavoratore padre di un bimbo di due anni, assunto a termine: qui il periodo di prova previsto dall’art. 13 della legge n. 203/2024 è estremamente breve (un giorno lavorativo per ogni quindici giorni di contratto) a prescindere dalla qualifica e dalle mansioni.
Siamo veramente sicuri che l’ex dipendente che si è dimesso perché non si trova bene o perché, magari, ha trovato un’occupazione migliore, si rechi presso l’ITL (sovente, occorre prendere un appuntamento) per convalidare le proprie dimissioni da un rapporto di lavoro a termine con un datore di lavoro del quale non importa più nulla?
Personalmente ho qualche dubbio ma, stando a ciò che afferma il quarto comma dell’art. 55, la mancata convalida sospende l’efficacia delle dimissioni. La sospensione comporta il ripristino della prestazione, ma se il lavoratore non si presenta il datore, se il contratto è ancora nel periodo di prova, può procedere alla risoluzione dello stesso, avendo cura (non si sa mai) di conservare tutta la documentazione relativa anche alla sua “non presenza” al lavoro (atteso che i giorni del periodo do prova debbono essere lavorativi).
Altra ipotesi è quella delle dimissioni dello stesso lavoratore di cui all’esempio precedente, durante il periodo di prova di un contratto a tempo indeterminato. Qui, senz’altro, il periodo di prova previsto dal CCNL è più lungo (la disciplina legale prevista dall’art. 13 della legge n. 203/2024 è soltanto per i contratti a tempo determinato) e la mancata convalida delle dimissioni può portare a valutazioni diverse. Ovviamente, la sospensione delle stesse sospende anche il decorso temporale della prova se il lavoratore non si ripresenta in servizio e anche qui il datore può procedere alla risoluzione del rapporto argomentando che il recesso avviene per il fatto che il lavoratore, non avendo confermato le dimissioni, non ha ripreso il servizio e di conseguenza, il licenziamento, peraltro ammesso dalla Cassazione, non è dovuto alla situazione familiare dell’interessato tutelata dalla legge.
Eufranio MASSI